Ognuno può fare la differenza


Di Daniela Colombo

Queste persone di cui vi vado a raccontare sono persone umili e semplici che hanno fatto e stanno continuando a fare grandi opere per il bene dell’umanità. Creare foreste é dare Vita. Ci lasciano una eredità e una dimostrazione di grande volontà e coraggio nel raggiungere i propri obiettivi. E la certezza che niente può fermare la grande connessione con Madre Natura!



Jai Haixia nasce con una cataratta congenita che lo lascia presto cieco dall’occhio sinistro, da adulto a causa di un incidente sul lavoro rimane completamente cieco.
Jai Wenqi invece perde le braccia per un bruttissimo incidente quando aveva solo tre anni.
Tra le loro grandi difficoltà di trovare un lavoro s’incontrano e si comunicano la grande voglia di vivere e dimostrare quanto possono ancora dare alla comunità.
Siamo in Cina nella contea di Jingxing Hebei, dove 15 anni fa non c’erano che rocce ed erbacce, una zona distrutta da una disastrosa economia industriale. Con pochi soldi, affittano un terreno in riva a un fiume decidendo di creare una zona verde per le generazioni future.
Da 15 anni si alzano alle 7 di mattina per lavorare la terra e mettere a dimora alberelli e talee. Con molte difficoltà iniziali, hanno imparato a lavorare la terra e le varie tecniche di propagazione delle piante
Quello che sono riusciti ad ottenere ha dell’inverosimile, al momento una vera e propria piccola foresta di 10.000 alberi!
Un vero e proprio piccolo paradiso che ha riportato la gioia della Natura in questo piccolo angolo di mondo dimostrando come superare la disabilità.
Ora su questi due amici che si chiamano ” fratelli” hanno girato anche un film/documentario che s’intitola : Tu sarai le mie braccia e io i tuoi occhi”.
E proprio mentre questo documentario veniva girato hanno avuto un piccolo premio per come gli alberi avessero protetto il loro villaggio dalla recente inondazione. Ora la loro storia é di grande ispirazione in tutto il mondo!



Saalumarada Thimmakka  vive a Hulika, un villaggio indiano . Viene anche chiamata ” La mamma degli alberi”, ha infatti ben 385 alberi di Banyan che ha piantato e tirato su uno per uno come se fossero stati suoi figli.
Da giovane, si sposa con un contadino della zona con il quale coltivano la terra e intagliano pietre. Dopo diversi anni non riuscendo ad avere figli decidono di riversare il loro amore genitoriale sugli alberi. Così nonostante le ristrettezze economiche cominciano ad innestare 10 alberelli di Banyan, una pianta sempreverde del subcontinente indiano. Cominciano a piantarne in un tratto di terreno vuoto a qualche chilometro dalla loro casa, trasportando a piedi grandi secchi di acqua per innaffiarli e per tutti questi anni li hanno protetti dalle intemperie e dalle malattie. Questo bellissimo viale alberato si estende per quattro chilometri fino a Kudur.
Dopo la morte del marito avvenuta 30 anni fa, fa la sua comparsa un ragazzino di 14 anni affascinato dal suo lavoro, che diventa ben presto il suo aiutante ed oggi il presidente della sua Associazione. Questa donna che continua a vivere in povertà ha ottenuto una cinquantina di riconoscimenti internazionali per il suo impegno per l’ambiente.



Stavolta siamo a Gourga, un villaggio nel nord del Burkina Faso per scoprire la storia di Yacouba Sawadogo.
Da giovanissimo i suoi genitori lo mandarono a studiare il Corano per diventare un “Iman”, una guida per la preghiera collettiva dei musulmani.
Ma il suo destino non era quello e a metà degli anni 70 proprio quando l’area del Sahel viene colpita da una gravissima siccità insiste nella sua folle idea di fare il contadino. E così mentre la maggior parte delle persone scappavano per l’avanzata del deserto, della siccità e carestia con determinazione e coraggio comincia a sperimentare una tecnica antica di cui aveva sentito parlare nel suo seminario in Mali.
Lo “Zai” consiste in una tecnica di preparazione della terra che crea dei microbacini in grado di trattenere l’acqua piovana della stagione successiva. Queste buche sono scavate spaccando il terreno argilloso, duro e asciutto, sostituendone il contenuto con foglie secche tritate, scarti sminuzzati di legname, terra e sabbia. Yacouba fece fosse di dimensioni maggiori e introdusse maggiori quantità di spazzatura biodegradabile ed escrementi animali per migliorare i nutrienti per le piante. Vide che una maggior quantità di escrementi attraevano le termiti che costruivano piccoli condotti che influivano positivamente sull’aerazione della terra e migliorando la rimineralizzazione del suolo e con l’arrivo delle piogge anche una miglior irrigazione.
Piantó miglio, sorgo e sesamo con buoni risultati e poi diverse specie di alberi per cercare di fermare l’avanzata del deserto.
Nell’arco di 30 anni piante di Tamarindo, Karité, Acacie e Baobab sono diventate una foresta di 27 ettari in pieno deserto del Sahara, con un sottobosco ricco di cereali ed erbe aromatiche. Yacouba ha dato lavoro ed ispirazione a tante persone condividendo anche la sua esperienza per radio, inoltre ha organizzato una rete di scambio di sementi con numerosi agricoltori dall’Atlantico al mar Rosso.
Incredibilmente nonostante l’evidenza del suo operato sia la prova di quanto si possa fare per fermare la desertificazione, politici senza scrupoli sta espropriando questa zona meravigliosa per costruire villini. Al momento é in atto una battaglia legale e stavolta non é solo, con lui decine di persone oltre ai suoi 17 figli e 40 nipoti che stanno cercando di comprare quel terreno per il bene della comunità.
La sua storia è conosciuta in tutto il mondo grazie a un film/documentario girato nel 2015, dal nome ” The man who stopped the desert”.



Ancora una storia incredibile con un disabile cinese di nome Sanxiao.
Siamo nel villaggio di Mayu nel nord della Cina dove ventenne si arruola nell’esercito sognando di fare la spia.
La sua carriera militare però finisce molto presto per il contrarsi di una stipsi, si congeda e si forma come insegnante.
Nel giro di una decina di anni però l’infezione avanza e devono amputargli una gamba, e nonostante la famiglia s’indebiti per offrirgli le cure migliori i medici sono costretti ad amputargli anche la seconda.
Le operazioni e le protesi sono costate 200 mila yan, circa 26 mila euro prestati dallo stato….un peso enorme sulla sua coscienza e senso di gratitudine!
Decide così di rendere un servizio alla comunità e alle generazioni future lasciandogli una nuova zona verde!
Da 20 anni si sveglia alle cinque per raggiungere la montagna vicino al suo villaggio con il suo tuk-tuk, arrivato si toglie le protesi e si trascina fino al punto prescelto per piantare e curare i suoi alberi. Con i suoi guanti tutti bucati continua inarrestabile la sua missione per l’intera giornata.
Con tenacia e fatica, un seme alla volta, giorno dopo giorno: ecco come settantenne si trova ad aver piantato 17 mila alberi!
La sua storia é veramente d’esempio, un uomo che riesce a tramutare “la sua sofferenza in arte”, e che sceglie per le generazioni future un bene così grande come una foresta!..
Anche su di lui un documentario che s’intitola: “17 years of hard work- 12 surgeries loss of fingers and comminuted fractures” che racconta quanto questa missione sia stata dura ed incredibile.



Stavolta ci affacciamo sull’ isola di Majuli nello stato di Assam (India), l’isola fluviale più grande del pianeta, tra le anse fangose del fiume Brahmaputra.
Con una superficie totale di circa 1.000 ettari, è in continua minaccia a causa della vasta erosione del suolo delle sue sponde; negli ultimi 70 anni si é già ridotta della metà. Per fronteggiare la situazione il Dipartimento delle foreste indiano inizió nel 1980 un piano di rimboschimento di 200 ettari con l’obiettivo di proteggere l’isola dalle alluvioni trattenendo la terra con le loro radici.
Il piano fu abbandonato dopo solo tre anni perché lo ritennero senza speranze.
Poche persone rimasero, tra queste un giovane : Jadav Mulai Payeng, figlio di un mercante di bufali proveniente da una comunità locale.
Legatissimo al suo territorio non sopportava di vederlo scomparire come stava succedendo anche a tutti gli animali.
L’assenza di vegetazione era molto grave in quella lingua di terra arsa nel periodo estivo e inondata in quello invernale.
A 16 anni trova dei serpenti morti ammucchiati nella sabbia e decide di lasciare la scuola ed attuare il suo piano: piantare alberi!
Comicia col piantare semi di bambù e incoraggiato dalla loro crescita a partire con la sua barca per cercare nuovi semi e piante al di là del Brahmaputra. Inventa anche un sistema d’irrigazione con canne di bambù e pentole di terracotta bucate e tecniche per fertilizzare un terreno poverissimo.
E a mano a mano che aggiungeva piante anche gli animali tornavano, prima le formiche, poi i lombrichi, gli uccelli…
Oggi dopo 40 anni di lavoro continuato esiste la foresta di Molai Khatoni di 550 ettari, l’equivalente di 860 campi da calcio.
Ci sono diverse migliaia di alberi con 100 varietà vegetali il solo bambù da solo copre un’area di oltre 300 ettari.
Grazie a questa riforestazione la fauna selvatica è tornata nell area: rettili, conigli, cervi, ronoceronti indiani, tigri del Bengala e un gruppo di elefanti ci soggiorna per metà dell’anno per mettere al mondo i suoi cuccioli.
Ora non é più solo, “L ‘uomo della foresta” ha moglie e cinque figli e sulla sua storia sono stati girati diversi documentari, e in India c’è anche un libro per bambini che racconta la sua incredibile storia di grande volontà e totale dedizione.
Un uomo che da solo ha creato un intero ecosisistema!